venerdì 31 ottobre 2008

UNO STRANO SORRISO


La casa e' quasi finita:tra pochi giorni ci trasferiremo.
la cittadina e' come al solito silenziosa e quasi deserta.Si sentono gli uccelli e questo vento gelido che piega gli alberi.
L'autunno qui ha colori profondi, come un tramonto tropicale gettato a caso sulle foglie, ma anche le trasparenze di certi paesaggi di Perugino o Raffaello...(che a me non sono mai piaciuti molto, ma che sono piu' reali di quanto abbia mai immaginato).
La casa e' una vecchia, piccola fattoria, trasportata qui un cinquant'anni fa da chissa' dove.Qualche pezzo di giornale trovato tra i muri risale agli inizi del secolo.E' fatta di legno di cedro e nonostante sia stata rimessa a nuovo, c'e' uno strano profumo nelle stanze.
Tutto intorno un giardino di lilla' ne fa in primavera una immagine da libro delle fate fin troppo tipica e il profumo e' insopportabile quando cade il vento.
Comunque, forse per esorcizzare tutta questa tipicita', alcuni oggetti sono venuti con me dall'Italia, antiche cornici, piu' antichi ritratti di nobildonne e acide zitelle ottocentesche.
Una soprattutto: un piccolo ritratto della fine del settecento,una ragazza magra e sparuta,con una pettinatura ancora incipriata, ma di taglio "a la Marie Antoinette".
Grandi occhi spalancati, ma un leggero tono di sufficienza nel sorriso.
E' strano come in questo paese gli oggetti antichi prendano un senso nuovo.
In effetti qui l'oggetto vecchio di 50 anni e' quasi un manufatto medioevale e non c'e' alcuna differenza tra una tazza di Sevres e una bomboniera degli anni cinquanta,nessuna differenza agli occhi dei locali, o a quelli della maggior parte di essi.
In effetti il senso della "storia" e' molto diverso e quasi non se ne sente la ragione.Come una sinfonia di Mozart ascoltata alla radio (hanno pur sempre ottime orchestre e nelle grandi citta' la vita culturale e' sicuramente piu' ampia e aperta al mondo esterno di quella nostra) sembra qualcosa di lontano e di alieno, da un mondo diverso e senza legami con il vuoto intorno, cosi' quel piccolo quadro cercava disperatamente di darsi un senso, riuscendo solo ad accennare ( o forse a rivelare) un vago sorriso un po' sprezzante davanti a tanta sauvagerie, ma nel contempo incapace di nascondere del tutto un vago senso di sgomento e di inadeguatezza : avranno, nell'unico magazzino della cittadina, la cipria per i miei capelli?O il profumo alla violetta di Parma per i miei pizzi?
Un modo nuovo di guardare a questi oggetti antichi dati per scontati: come se all'improvviso la storia passata su di essi avesse perso il loro valore ed apparissero solo reliquie di un mondo affascinante ma incontrollato e leggermente ridicolo nella sua intimidatoria protervia.
Sentirsi come Proust a Balbec o forse come una lavandaia parigina trascinata sulle scale di Versailles dalla folla in tumulto quel 5 ottobre 1789 ...

giovedì 31 gennaio 2008

ANDY IN THE PRAIRIES



Era la prima volta che una grande mostra di Andy Warhol veniva organizzata in una grande citta' spersa nelle praterie canadesi.
La precedente venuta di Warhol a Toronto era stata un completo disastro, ma morto "l'artista" tutti cominciarono ad apprezzarlo,compresi i campagnoli delle praterie.Grande serata per una raccolta di fondi al locale museo d'arte moderna:molti dipinti, molti disegni infantili,foto, ritagli di giornali, le famose scatole, e un bel po' di quegli insopportabili film che the Factory produsse negli anni sessanta. Un gruppo di musicisti allietava la serata facendo il verso ai Velvet anch'essi di warholiana memoria.Pur non avendo mai condiviso l'entusiasmo per questo particolare rappresentante della pop art, preferendo altri con forse uno spessore pittorico leggermente maggiore,sono andato al gala' incuriosito piuttosto dal tipo di popolazione attratta dalla cosa che dalle misere tirature del solito ritratto di Marylin Monroe.
La mostra in se' non era male, varia e ben messa, molto didascalica, come solo gli inglesi sanno esserlo.Un paio di begli oggetti, mai visti dal vero:una serie di ritratti di Mao e uno spettacolare quadruplice ritratto della regina Elisabetta da giovane...in cui almeno si potevano distinguere alcune pennellate diciamo "interpretative" dell'autore.
Ma c'era ben altro tutto intorno.
Appena arrivato un gruppo di vecchie signore tutte in nero, eleganti e palesemente della buona societa' circondava i soliti intellettuali di mezza eta',capelli bianchi con coda di cavallo, camicia nera e occhi sbarrati dalla meraviglia per tutta quell'arte...
Poi le organizzatrici della mostra: signore di mezza eta', vestite anche loro in nero, palesemente firmatissime, con discreti gioielli di gran marca che sfarfallavano distribuendo abbracci e sorrisi.
un po' imbarazzato sono entrato nelle sale: i miei amici , quelli che mi avevano invitato stavano suonando Shiny Shiny, vestiti come appena usciti dalla Factory...ma loro erano la band ricreata per l'occasione...
Temevo che il mio pantalone nero e il pullover, di cashmere, ma di un verde acido molto pop art, e la giacca comprata per l'occasione al negozio di vestiti usati ( vigogna firmata Hugo Boss ,al modico prezzo di 5 euro!) avrebbero attirato troppo l'attenzione nonostante gli occhialini da intellettuale quando ,guardandomi intorno, mi resi conto di essre capitato in una specie di incubo anni sessanta.
La maggioranza delle persone presenti, giovani o di mezza eta', senza esclusioni, era vestita come per un ballo in maschera dal titolo :pop art e pop fashion.
L'unica differenza dai soliti balli in maschera era il livello dei travestimenti: alto, molto alto.Se si escludeva qualche terribile parrucca rosa shoking o qualche giovanottello con la parrucca di Warhol, il resto era una ottima riproduzione di una festa della buona societa' newyorkese di quegli anni....
Impressionanti le pettinature, i gioielli ritrovati in qualche baule...o forse ancora in qualche armadio nella prateria?
Stavo guardando una ragazza asiatica con una torre di capelli al cui confronto quella di Moira Orfei era una casa a un piano, in posa da ormai qualche minuto davanti a un ritratto di un giocatore di hockey che ben si intonava al suo vestito cinese di un viola rosato davvero terribile, quando ancheggiando, rollando, inclinata ora di qua ora di la, agitando una mano, la vera riproduzione di Edie Sedgwick si e' interposta tra di noi....
Un lampo e un interminabile film in bianco e nero si e' riprodotto nella mia memoria, con la saletta umida e sporca dei film d'avanguardia che mi sorbivo quando ero un teenager intellettualoide, e arrivavano anche questi innominabili prodotti spacciati come l'ultimo ,risolutivo modo di guardare il mondo vero...ignorando che in Europa il neorealismo era ormai gia'stato sepolto .
Comunque, tornando al museo scopro che sull'invito ufficiale c'era scritto: cravatta nera o vintage dressing.....vale a dire, o in smoking o facciamo un carnevale fuori stagione....e lo smoking nella prateria non e' molto utilizzato per andare a cavallo o combattere i sioux.
Cosa dire delle serate di alta moda che si creano quando inauguriamo una mostra importante dalle nostre parti?
Forse Andy warhol non era un grande artista, ma questo "omaggio" fattogli in una serata avvolta in una tormenta di neve da fiaba russa a meno 52 gradi sottozero, e' stato molto piu' appropriato delle serate imbalsamate dedicategli dai nostri musei...Forse senza saperlo la prateria gli ha dato quello che la sua arte merita: una festa in maschera senza tante pretese.